Nei dialoghi riportati nel libro La lunga notte dell’anima, Kaushik mette in evidenza l’arduo cammino di una psiche che sente l’esigenza profonda di una trasformazione essenziale per accostarsi alla realtà della vita.
Percorrere insieme a lui questo cammino significa indagare in noi stessi con una chiarezza e una semplicità che consentono al pensiero di ritrovare il proprio equilibrio e il proprio ordine naturale.
La lunga notte dell’anima – Alcuni tratti
“Nel procedere della vostra ricerca spirituale viene il momento in cui tutto vi abbandona, il vostro guru, il vostro Dio, i vostri mantra, la vostra fede. Arrivate ad un punto in cui non funziona più nulla. Vi sentite svuotati di ogni energia, senza più stimoli per andare avanti.
Per superare questo momento tutto quello che vi serve è capire che non avete scelta, dovete passarci attraverso.
Non avete più voglia di camminare, non avete più voglia di mangiare. Non ve la sentite più di meditare né di fare quelle cose che prima vi piacevano, come andare al cinema o guardare la televisione. Tutto questo non ha più alcun senso per voi.
Siete entrati in una galleria buia; è l’oscura notte dell’anima: il vecchio è finito ma il nuovo non è ancora spuntato, non è ancora sorto.
Molti di voi hanno fatto questa esperienza, o forse la faranno.
Le vostre relazioni sociali, le vostre questioni sentimentali, i vostri affari, la vostra professione, tutto viene messo da parte.
Crolla tutto quello in cui credete, crollano le vostre idee, le vostre filosofie. A questo punto non credete nemmeno più che debba esserci una trasformazione interiore. Non sapete se c’è Dio, se esiste l’amore o se vi attende da qualche parte un cambiamento.
Non avete la minima idea.
Qual è allora l’immagine che affiora nella mente quando tutto è andato a quel paese e la vita ha perso ogni significato?
A molti può venire l’idea di uccidersi.
Allora è importantissimo capire che tutta questa faccenda non riguarda affatto il corpo, ma riguarda soltanto la mente.
Distruggere il corpo non è la soluzione. Potete credere, anche se questo è un mondo molto meccanico di pensare, che non ci sia alcuna differenza tra il corpo e la mente e quindi, una volta che abbiate tolto di mezzo il corpo, tutto sia finito.
Ma distruggere il corpo vuol dire dare inizio ad un conflitto che poi andrà avanti per conto suo.
La mente che cerca di imporsi al corpo, punendolo o distruggendolo, è cieca.
Nella vita le cose cambiano, ma se in un momento di disperazione voi sopprimete il corpo, scompare qualsiasi possibilità che la situazione cambi e accada qualcos’altro.
Avete provocato un corto circuito. Anche se talvolta il suicidio può apparire come la cosa più logica e ovvia in una situazione senza alternative, in realtà non è affatto una soluzione.
Questo va assolutamente capito, altrimenti di fronte ad una sofferenza tremenda o si muore sul colpo o ci si uccide.
Ho passato dei momenti nella mia vita in cui l’universo che mi ero creato è completamente crollato. In quei momenti pensavo: questa è la fine, il mio mondo è scomparso, sono finito.
Hai come la sensazione che non esista più l’intero universo e tu sia rimasto solo. Sei l’unico sopravvissuto sulla terra.
Molti in queste condizioni, quando non gli rimane più nulla e la vita sembra non avere più nessun scopo, si uccidono.
Quello che posso dire io è che il passare attraverso una sofferenza tremenda, riuscendo a superarla, mi ha sempre dato una forza straordinaria. Affrontare il dolore vuol dire non sottrarsi ad esso, non avere la minima speranza di superarlo. E quando non c’è speranza, né il minimo tentativo di fuga, allora c’è solo il dolore e forse questo dolore può subire una trasformazione.
Ma se voi aspettate che avvenga una trasformazione, se dite : sto soffrendo, rinuncio all’idea di uccidermi perché qualcosa cambierà, allora state impedendo che quella trasformazione avvenga sul serio.
Potete mettere da parte la vostra speranza? Dimenticatevi di quello che accadrà. Lasciate perdere ogni speranza di entrare in contatto con quell’energia. Può darsi che Dio esista, può darsi che esista qualcosa al di là della vostra immaginazione, ma proprio la vostra speranza crea una separazione tra voi e quell’energia, tra voi e una trasformazione.
Il problema non è l’esistenza di Dio e neanche che esista o meno la possibilità di una trasformazione; la questione veramente importante è un’altra: qual è la natura della vostra speranza?
Speranza significa preoccuparsi del futuro; la speranza è una creazione del tempo e dà continuità al tempo.
Non vi permetterà mai di arrivare là dove finisce il continuo spazio-temporale. La speranza può anche essere la cosa più naturale di questo mondo, ma implica lo spazio e il tempo.
E’ tempo e spazio in se stessa. Se non ve ne rendete conto e continuate a sperare in un intervento divino, certamente qualcosa accadrà. E quello che accadrà prenderà una certa forma.
Ma questa forma, questa risposta da voi attesa, sarà ancora il frutto dello spazio e del tempo. Potrebbe non essere quell’energia assoluta, potrebbe rendere ancor più difficile quella trasformazione assoluta.”
Interlocutore : In altre parole, il senza forma si rivela a noi attraverso una forma che è l’espressione del nostro condizionamento, del nostro ambiente culturale?
Dott. Kaushik : Sì. Se questa rivelazione si manifesta attraverso una forma, questa forma è il frutto della vostra speranza, della vostra attesa. Oserei dire che questa forma non è Gesù, o Dio, o quello che volete; ma è voi stessi, è un’estensione di voi stessi, del vostro pensiero. E quindi continuerete a tenervi tutti i vostri limiti.
Allora non si tratta di chiedersi in quale forma verrà a noi una risposta. La vera questione è: fino a che punto il vostro strumento si è purificato facendo a meno della speranza e ponendo fine a tutte le forme di pensiero?
Quando capite fino in fondo la limitazione che ogni forma comporta, c’è silenzio totale e l’energia che si manifesta è l’energia assoluta.
Chi fosse interessato alla lettura integrale del libro La lunga notte dell’anima, lo può richiedere all’indirizzo di posta elettronica :
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