Per alimentazione intendiamo un qualcosa che viene ingerito e che va a fornire all’organismo alcuni elementi. Ma non è detto che questo equivalga ad una buona nutrizione.
L’aglio contiene sostanze che causano dilatazione delle vene, aumentano la pressione e il flusso del sangue, e producono molto calore nel corpo, specialmente nelle parti basse. Questa è una delle maggiori cause di eccitamento del sistema ghiandolare, con tutte le difficoltà mentali e fisiche che ne conseguono. L’aglio tende ad acidificare, perfino più della carne. Quando si mangia, si avverte uno spiacevole odore nel corpo, dato che questi non può assorbire tale cibo e deve gettarlo fuori. Il dott. B. Jensen ad esempio dice inoltre:” L’aglio crudo non è per tutti. Esso infatti mangiato crudo potrebbe causare irritazioni alle pareti intestinali e mangiare troppo aglio crudo per lunghi periodi di tempo può danneggiare le cellule ematiche e provocare anemia.”
Da quando ho intrapreso la strada di una buona e sana alimentazione sono passati molti anni e grazie all’aiuto e alle conoscenze che mi hanno trasmesso i “Maestri” che ho seguito, oltre a quello che ho scoperto e imparato per conto mio, posso confermare di aver tratto grandi benefici per la mia salute fisica e mentale. In pratica sto meglio e vivo meglio!
Ho potuto inoltre riscontrare che chi come me ha intrapreso lo stesso percorso diligentemente, afferma la stessa cosa. Mi sento quindi di dire che ogni medico, studioso, ricercatore, dovrebbe avere l’interesse per ogni singolo caso o paziente che abbia riportato miglioramenti nelle patologie che lo affliggevano precedentemente: di fronte al singolo caso documentato di guarigione, occorre prenderne atto e trarne lo spunto e lo stimolo per un dibattito scientifico.
QUANTA VITAMINA D È NECESSARIA PER ARRIVARE AI LIVELLI OTTIMALI? E COSA CAMBIA IN MENOPAUSA? E’ VERO CHE FA VENIRE IPERCALCEMIA?
C’è una confusione totale sulle quantità da assumere, perchè i medici consigliano,mediamente, dosi inutilmente basse per paura di una tossicità che non è mai esistita.
Nel paleolitico abbiamo vissuto per milioni di anni nella savana africana, dove stavamo tutto il giorno al sole, nudi, in un territorio con pochi alberi.
Questo ha fatto cosi che la produzione di questa preziosa sostanza, la Vitamina D, attraverso la nostra pelle, era ogni giorno talmente elevata che l’ evoluzione ha dovuto schermarla con la pelle molto scura.
Per questo motivo, quasi ogni cellula del corpo contiene un recettore della vitamina D.
Tuttavia circa 100.000 anni fa siamo usciti dall’ Africa e siamo andati in posti (specialmente a nord del mondo) dove invece era molto freddo, costringendosi a coprirci con delle pelli animali e riparandoci anche all’ interno delle grotte, ma cosi schermavamo i raggi solari e conseguentemente la relativa produzione di vitamina D.
Senza contare che ci siamo stabiliti anche in posti, come l’ attuale Scandinavia, dove il sole non c’è quasi per nulla.
Attualmente la maggioranza dei medici non fa proprio effettuare il dosaggio della vitamina D ai loro pazienti e quando le rare volte che lo fa, consiglia normalmente 25.000 UI ogni 15 giorni, o peggio, al mese.
In realtà sono dosaggi praticamente inutili, tanto è vero che proprio recentemente anche il Ministero della Salute italiano ha aumentato da 1000 a 2000 UI giornaliere di vitamina D3 che si possono prendere come integratore.
Del resto già dal 2011, la “Endocrine Society” americana ha rivisto le linee guida internazionali, con le dosi di Vitamina D che arrivano anche a 10.000 UI al giornosenza che possano provocare alcuna tossicità.
Il Ministero della Salute invece ha recentemente portato da 1000 a 2000 UI la dose massima giornaliera da assumere.
Un nuovo studio svela in maniera ben precisa che le dosi di vitamina D da prendere sono invece….
Dopo tutte queste raccomandazioni in conflitto, è ovvio che la gente possa andare in totale confusione.
Ma allora qual è la verità? Di quanta vitamina D necessita i nostro organismo? A che livello la vitamina D è veramente troppa o tossica? E cosa succede nel caso della menopausa?
Ebbene, alcuni ricercatori hanno condotto uno studio, (pubblicato sul “Journal Dermato-Endocrinology Volume 9, 2017”) alla ricerca di queste risposte.
Hanno incluso nello studio un totale di 3.882 partecipanti, con l’età media di 60 anni. Meno dell’1% dei partecipanti sono stati considerati sottopeso, il 35,5% aveva un BMI normale, il 37,0% era in sovrappeso e il 27,5% era obeso.
IL Body Mass Index (BMI) o Indice di Massa Corporea (IMC) è un parametro molto utilizzato per ottenere una valutazione generale del proprio peso corporeo.
Esso mette in relazione con una semplice formula matematica l’altezza con il peso del soggetto. Si ottiene dividendo il peso in Kg del soggetto con il quadrato dell’altezza espressa in metri.
Il risultato di tale formula classifica il soggetto in un’area di peso che può essere: normale – sottopeso – sovrappeso – obesità di medio grado – obesità di alto.
Situazione peso Min Max
Obesità di III classe (gravissima) ≥ 40,00 Obesità di II classe (grave) 35,00 39,99 Obesità di I classe (moderata) 30,0 34,99 Sovrappeso 25,0 29,99 Regolare 18,50 24,99 Leggermente sottopeso 17,50 18,49 Visibilmente sottopeso (anoressia moderata)16 17,49 Grave magrezza (inedia) <16
All’inizio dello studio, il 55% dei partecipanti ha riportato di aver preso vitamina D.
La dose media di vitamina D è aumentata da 2.106 UI al giorno all’inizio dello studio a 6.767 UI ogni giorno circa un anno dopo.
I livelli medi di vitamina D sono aumentati da 34,8 ng / ml a 50,4 ng / ml durante questo periodo.
I ricercatori hanno voluto determinare il dosaggio necessario per raggiungere livelli sani della vitamina D, definito da livelli di 40 ng / ml o superiori.
Volevano anche determinare l’incidenza di effetti collaterali, compresa l’ipercalcemia, cioè la presunta causa della mancata prescrizione della vitamina D da parte del 90% dei medici mondiali.
Ecco cosa hanno trovato i ricercatori:
1) I cambiamenti nei livelli di vitamina D sono stati influenzati da dosaggi di vitamina D, indice di massa corporea (BMI) e i livelli di vitamina D all’inizio dello studio.
2) I partecipanti che avevano una carenza di vitamina D (<20 ng / ml) al basale hanno sperimentato un aumento più elevato di livelli di vitamina D rispetto a quelli con livelli insufficienti o sufficienti di vitamina D al basale.
3) I partecipanti senza deficit di vitamina D al basale hanno sperimentato una risposta insensibile alla stessa dose di vitamina D rispetto a quelli con deficit di vitamina D.
4) La risposta all’integrazione della vitamina D era minore con l’aumento del BMI. In altre parole, gli individui obesi hanno richiesto la massima integrazione per ottenere livelli sufficienti; invece quelli con peso normale o sottopeso richiedono un integrazione minima per ottenere livelli sufficienti.
5) Per i soggetti con un BMI normale era necessario l’ apporto di almeno 6000 UI al giorno di vitamina D3 per raggiungere uno status di vitamina D superiore a 40 ng / ml.
6) I partecipanti in sovrappeso hanno richiesto l’assunzione di vitamina D3 di almeno 7.000 UI al giorno per ottenere uno status di vitamina D superiore a 40 ng / ml.
7) I partecipanti obesi hanno richiesto l’assunzione di vitamina D3 di almeno 8.000 UI al giorno per raggiungere uno status di vitamina D superiore a 40 ng / ml.
8) ll livello di calcio medio non è cambiato dall’inizio fino alla fine dello studio.
9) Un sottogruppo di partecipanti (285) non ha sperimentato un aumento significativo dello status della vitamina D, nonostante la segnalazione ha preso notevoli assunzioni di vitamina D (> 4000 UI al giorno).
I ricercatori hanno determinato che questo era probabilmente da attribuire a malassorbimento intestinale, ma senza dubbio la non-compliance (cioè i soggetti non hanno assunto la vitamina D3) ha anche svolto un ruolo. (Ad esempio, il tasso di non-compliance con i farmaci antipertensivi è di circa il 30%.)
10) Venti nuovi casi di ipercalcemia si sono verificati tra l’inizio e la fine dello studio. Quelli con livelli di vitamina D inferiori a 40 ng / ml avevano maggiori probabilità di verificarsi l’ipercalcemia rispetto a quelli con livelli di vitamina D di 40 ng / ml o superiore.
Cioè esattamente il contrario di quello che pensa il 90% dei medici al mondo, cioè eccessivi livelli di vitamina D aumenterebbe la calcemia, provocando così danni alle arterie, producendo calcoli renali, ecc.
Infatti, i ricercatori hanno scoperto che l’incidenza dell’ipercalciuria è in realtà diminuita dopo l’integrazione di vitamina D, a partire da un totale di 67 casi ipercalciurici, ma al follow-up (cioè una serie di controlli periodici programmati) il 67% non era più ipercalciurico.
Inoltre, è importante sottolineare che nessuno dei partecipanti ha sviluppato alcuna prova di tossicità clinica di vitamina D, composta da ipercalcemia e 25 (OH) D> 200 ng / ml, stanchezza, anoressia, dolore addominale, minzione frequente, irritabilità, eccessiva sete, nausea e talvolta vomito.
La tossicità biochimica della vitamina D consisterebbe in valore superiore a 200 ng / ml, ipercalcemia e un livello di PTH (paratormone) soppresso senza sintomi clinici, ma a nessuno dei partecipanti è accaduta una cosa del genere.
Poiché la maggior parte dei laboratori identificano la gamma normale di 25 (OH) D a 30-100 ng / ml, alcuni medici credono che 25 (OH) D superiore a 100 ng / ml sia tossicità.
Non lo è, ovviamente, infatti di solito è solo ipervitaminosi D che comunque nel 99% dei casi non porta a nessuna conseguenza..
I ricercatori hanno concluso:
“Dosi di vitamina D superiore a 6.000 UI / d sono state necessarie per ottenere concentrazioni di 25 (OH) D di siero superiore a 100 nmol / L [40 ng / ml], soprattutto in individui che erano in sovrappeso o obesi, senza alcuna prova di tossicità”.
Una cosa che gli autori non hanno menzionato è il ruolo che la genetica può svolgere in questo.
Ad esempio, il gene che codifica per la 25-idrossilasi ha una variazione geneticamente determinata nella sua trascrizione e alcune persone hanno più 25-idrossilasi rispetto ad altri e pertanto otterranno livelli di 25 (OH) D maggiori rispetto ad altri.
Tenendo conto di questi risultati, prendendo in considerazione la genetica, l’unico modo per essere sicuri di avere più di 40 ng / ml di vitamina D nel sangue è quello di effettuare un semplice un test di 25 (OH) D in qualsiasi laboratorio d’ analisi.
In realtà in caso di malattie autoimmunitarie, tumori, ecc, oppure si pratichino attività sportive di medio-alto impegno, il livello consigliato è 75-80 ng / ml e in questo caso si consiglia di assumere 10.000 UI al giorno di Vitamina D3 insieme a 1000 mg di Vitamina K2-MK7 che svolge un ruolo fondamentale nel metabolismo della D3 e elimina l’ eventuale calcificazione nelle arterie.
Il rapporto deve 1000 UI di vitamina D insieme a 100 mcg di vitamina K2-MK7 (no MK4, MK9).
Come cambia il dosaggio della vitamina D in menopausa?
La menopausa è un momento molto delicato per ogni donna, lo squilibrio ormonale che viene a crearsi in questa nuova primavera della vita può portare all’insorgenza di alcune patologie contingenti, prima fra tutte l’osteoporosi, e anche di sintomi peculiari come le vampate di calore. Le ultime scoperte scientifiche hanno rivelato che tra osteoporosi, vampate di calore e vitamina D, quest’ultima assume un ruolo fondamentale nella prevenzione di questi disturbi che rendono invalidante la vita sociale delle donne e che danneggia le ossa sia da sola che in combinazione con altri due oligoelementi necessari: il calcio ed il magnesio. C’è una grande quantità di ricerche a sostegno dell’efficacia della vitamina D in combinazione con il calcio nella prevenzione dell’osteoporosi e nel rallentarne la progressione nelle persone sopra i 50 anni, in particolare nelle donne in postmenopausa. Ciò si manifesta con un leggero aumento della densità minerale dell’osso, spesso accompagnato da un ridotto rischio di frattura. Secondo diversi autori, gli studi hanno chiaramente dimostrato che, per essere efficace, l’integrazione di vitamina D deve essere accompagnata da un integratore di calcio ed essere continua. Secondo altri ricercatori, la sola vitamina D (700 UI e più al giorno) ha dimostrato di prevenire fratture e cadute, indipendentemente dall’assunzione di calcio. Tuttavia, i risultati di uno studio clinico indicano che l’effetto preventivo della vitamina D (da 400 a 7.000 UI) sulle fratture correlate all’osteoporosi è ipotetico. Allo stesso modo, il ruolo preventivo della vitamina D (oltre 400 UI al giorno per almeno 6 mesi) negli effetti preventivi dell’osteoporosi nelle donne in postmenopausa non sembra chiaro, secondo una meta-analisi di 25 studi clinici randomizzati. Ma qual è dunque il dosaggio di vitamina D in menopausa consigliato? Dipende principalmente dall’età e dallo stato di salute, insomma se l’assunzione di Vitamina D avviene a scopo precauzionale o come trattamento. In particolare nel caso preventivo:
• Per le persone sotto i 50 anni in buona salute: un supplemento da 400 UI a 1000 UI (10-25 microgrammi) di vitamina D al giorno e un apporto alimentare in calcio di 1.200 mg, da completare con un supplemento al bisogno. • Per le persone dai 50 anni in su: un supplemento da 800 UI a 2000 UI (20-50 microgrammi) di vitamina D al giorno e un apporto alimentare in calcio di 1.200 mg, da completare con un supplemento se necessario. Trattamento dell’osteoporosi (per le persone colpite): • Da 800 UI a 2000 UI (20-50 microgrammi) di vitamina D al giorno come supplemento (il dosaggio ottimale è determinato dal medico curante) e un apporto alimentare in calcio di 1.200 mg, da completare con un supplemento, se necessario.
Per essere efficace, l’assunzione di vitamina D e calcio deve essere continua. La diagnosi e il trattamento dell’osteoporosi richiedono un monitoraggio medico. La vitamina D può essere assunta in qualsiasi momento della giornata: durante, prima, dopo o lontano dai pasti.
Poiché sembra che il corpo non possa assorbire più di 500 mg di calcio alla volta, si consiglia di assumere gli integratori in dosi di 500 mg o meno, 2 o 3 volte al giorno, durante i pasti.
Il magnesio, un alleato efficace della vitamina D per tutte le donne Il magnesio è un minerale versatile. Svolge un ruolo in più di 600 processi nel corpo. Questo potente minerale influenza, ad esempio, il sistema ormonale, regola l’interazione tra muscoli e nervi e contribuisce a rafforzare le ossa. Le donne attraversano molte fasi della loro vita che possono innescare la carenza di magnesio, quindi devono assicurarsi di assumere abbastanza magnesio. Magnesio durante la gravidanza e l’allattamento. La gravidanza ha un impatto pesante sul corpo in termini di prestazioni, e non sorprende quindi che molto spesso si traduca in una carenza di magnesio. Da un lato, l’organismo della futura mamma espelle sempre più magnesio dai reni a causa del cambiamento metabolico, dall’altro anche il fabbisogno di magnesio del bambino in formazione aumenta nel tempo.
Quanto magnesio serve in menopausa
Come la pubertà e la gravidanza, la menopausa rappresenta un periodo di sconvolgimento nella vita di una donna. La produzione di ormoni come estrogeni e progesterone inizia a diminuire man mano che ti avvicini ai 50 anni. All’interno del corpo, questo influisce, tra le altre cose, sul sistema nervoso vegetativo incaricato di regolare, ad esempio, il metabolismo, il sistema cardiovascolare o il tratto gastrointestinale. Questo è spesso associato a sintomi tipici del climaterio come attacchi di sudorazione, tachicardia, costipazione, mal di testa o crampi ai polpacci. Il magnesio supporta la sana funzione di muscoli, ossa e nervi. Il magnesio è importante anche per la salute delle ossa. Oltre il 60% di tutto il magnesio nel corpo è immagazzinato nelle ossa. Le cellule osteogeniche hanno bisogno del magnesio per poter funzionare senza problemi. La carenza di magnesio può portare a una diminuzione della stabilità ossea e quindi promuovere l’osteoporosi. Un’adeguata assunzione di magnesio è importante anche per la conservazione del calcio nelle ossa, poiché il magnesio è coinvolto nella regolazione ormonale dell’equilibrio del calcio. Il magnesio è un minerale vitale e soprattutto le donne sperimentano una tale carenza su più livelli. Gli adulti dovrebbero assumere 300-400 mg di magnesio al giorno, secondo la DA-CH Nutrition Society. Verificare i livelli di Vitamina D nel sangue è essenziale in ogni fase della vita
Quindi, ricapitolando, il protocollo da seguire è questo:
1) Fare le analisi del sangue (Vitamina D – 25 OH)
2) Se il risultato è almeno 40 ng / ml e NON in presenza di malattie autoimmuni,tumori e attività sportive, prendere comunque più sole possibile in estate e almeno 2000 UI al giorno in inverno, senza protezione (non farebbe produrre vitamina D).
3) Tuttavia, nel 90% dei casi il risultato sarà sempre sotto 40 ng / ml, quindi in questo caso assumere 10.000 UI al giorno di Vitamina D3 insieme a 1000 mg di Vitamina K2-MK7
In generale evitate gli integratori di Vitamina D a base di olio di girasole, che sono molto economici, ma quest’ olio danneggia l’ intestino creando la cosidetta “permeabilità intestinale”, che scatena praticamente tutte le malattie autoimmuni.
In pratica uno prende la vitamina D per curarsi e dentro il prodotto c’è qualcosa che in realtà peggiora la situazione; quindi scegliete quelli a base di olio d’ oliva, possibilmente extravergine biologico e non ci saranno problemi.
Anche per quanto la Vitamina K2-MK7 NON deve essere derivata dal “Natto” di soia (come il 90% dei prodotti in commercio), ma da altre fonti vegetali. Evitate anche le forme MK4 e MK9.
4) Dopo due mesi ripetere l’ analisi; se il valore ha raggiunto il valore di almeno 40 ng / ml, fare una dose di mantenimento di 7000-8000 UI al giorno e prendere comunque più sole possibile d’ inverno, senza protezione.
5) In presenza di malattie autoimmuni,tumori, ecc oppure si pratichino attività attività sportive a medio-alto livello, nel sangue il valore da raggiungere è di almeno 75-80 ng / ml.
Il dosaggio in questo caso sarà sempre lo stesso, cioè 10.000 UI al giorno di Vitamina D3 insieme a 1000 mg di Vitamina K2-MK7.
6) Dopo due mesi ripetere l’ analisi; se il valore ha raggiunto il valore di almeno 75-80 ng / ml, fare una dose di mantenimento di 7000-8000 UI al giorno e prendere comunque più sole possibile d’ inverno, senza protezione.
Se invece questi valori non sono stati raggiunti, continuare per un altro mese il dosaggio di 10.000 UI al giorno di Vitamina D3 insieme a 1000 mg di Vitamina K2-MK7
Ripetere ancora l’ analisi del sangue e se il valore raggiunto è quello auspicato cioè 75-80 ng / ml, abbassate solo leggermente la dose, tipo 8000 UI di vitamina D + 800 mcg di Vitamina K2 e prendere comunque più sole possibile d’ inverno, senza protezione.
Se non fosse cosi, continuate con la dose classica 10.000 D-1000 K2 per un alto mese.
Non vi preoccupate se per caso superate i 100 o anche i 200 ng / ml; come avete letto sopra non è assolutamente tossica in nessun modo. Per esempio un nero africano ha mediamente 110 ng / ml di Vitamina D nel sangue per tutta la vita.
Successivamente ripetere ogni 2/3 mesi le analisi per controllare che i livelli siano stabili a 40 ng / ml oppure a 75-80 ng / ml. Dopo qualche mese sarete in grado di comprendere qual’è il vostro grado di assorbimento e mantenimento del livello di vitamina D.
In definitiva oramai oltre 71.000 studi comprovano l’ efficacia della Vitamina D per la nostra salute e per l’ aumento della prestazione sportiva, a patto che sia presa ad “alte” dosi per essere veramente efficace.
Non farti terrorizzare dalla medici, oramai imprigionati per sempre in inutili protocolli burocratici; la vitamina D salverà la tua vita e quella dei tuoi figli.
Ottima per il supporto del benessere cardiovascolare, contrastando la calcificazione arteriosa, e per sostenere il tessuto osseo, contrastando l’insorgenza di osteoporosi e il concomitante rischio di fratture.
La vitamina K inoltre contribuisce alla normale coagulazione del sangue ed al mantenimento di ossa normali poiché implicata in reazioni che regolano l’attività di alcune proteine fondamentali nei processi di mineralizzazione.
Nell’uomo la vitamina K è coinvolta come cofattore nelle reazione enzimatiche che regolano la funzione di alcune proteine coinvolte nei processi di attivazione dei fattori di coagulazione (fattore V, VII e X, protrombina, fibrinogeno), di mineralizzazione ossea e di inibizione della calcificazione vascolare.
Fondamentale per il corretto assorbimento delle alte dosi di vitamina D (5000-10000 UI)
La vitamina K, o naftochinone, si trova perlopiù in alimenti di origine vegetale come spinaci, cavoli, cime di rapa, ma è presente anche nel fegato e nel burro ghee.
Studi clinici hanno dimostrato che 45 mg di vitamina K2 aiuta a:
rallentare le lenta perdita ossea
Ridurre il rischio di fratture
Costruire nuove ossa.
La vitamina K2 ad alto dosaggio è stata utilizzata in Giappone per decenni come trattamento per l’osteoporosi.
Studi sull’uomo hanno dimostrato che l’assunzione giornaliera di 45 mg di vitamina K2 mantiene o aumenta la densità ossea e riduce il rischio di fratture.
Altre vitamine e minerali, tra cui calcio e vitamina D3, supportano anche la salute delle ossa e aiutano a massimizzare i benefici della vitamina K2.
La buona notizia: c’è qualcosa che possiamo fare per la perdita ossea legata all’età e il rischio di fratture.
A basse dosi di 45-60 mcg , la vitamina K favorisce la normale coagulazione del sangue. Questa piccola quantità di vitamina K è normalmente ottenuta da fonti alimentari.
I medici giapponesi prescrivono da tempo dosi molto più elevate di una forma specifica di vitamina K2 come trattamento per l’ osteoporosi .
Hanno accumulato decenni di prove che 45 mg ( 45.000 mcg ) di vitamina K2 sotto forma di menachinone-7 (MK-7) portano a miglioramenti nella salute delle ossa.
Ora gli scienziati hanno confermato che l’assunzione orale di alte dosi di vitamina K2 è fondamentale per la forza ossea e altri aspetti dell’invecchiamento sano.
BENEFICI PER IL CUORE DELLA VITAMINA K2
La vitamina K2 promuove la nuova crescita ossea in parte aumentando la calcificazione , l’accumulo di depositi di calcio nell’osso .
Nei tessuti molli , la calcificazione può essere pericolosa. Nei vasi sanguigni, ad esempio, porta all’accumulo di placca aterosclerotica associata a malattie cardiovascolari.
La ricerca ha dimostrato che mentre la vitamina K2 causa una calcificazione benefica nelle ossa, previene la calcificazione dannosa nei tessuti molli, compresi i vasi sanguigni. Ciò si verifica perché attiva la proteina matrice Gla , che inibisce la calcificazione dei vasi sanguigni.
Per questo motivo, la vitamina K2 può essere protettiva contro le malattie cardiovascolari.
Chiunque prenda warfarin , un potente anticoagulante, dovrebbe consultare un medico prima di decidere di assumere qualsiasi forma di vitamina K.
Il warfarin funziona bloccando l’attività della vitamina K nel corpo. A coloro che assumono warfarin viene detto di limitare l’assunzione di vitamina K anche da verdure sane. Farmaci più recenti come Eliquis ® , Pradaxa ® e Xarelto ® forniscono effetti anticoagulanti senza la necessità di limitare l’assunzione di vitamina K.
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La vitamina C può aiutare i trattamenti del cancro a funzionare meglio, un nuovo studio lo prova.
I trattamenti contro il cancro sono spesso difficili per i pazienti e gli effetti collaterali possono essere spaventosi, tuttavia la vitamina C ha dimostrato di modificare sostanzialmente questa situazione.
Promotore indiscusso dell’ utilizzo della vitamina C, alla fine degli anni ’70, era stato Linus Pauling, due volte vincitore del premio Nobel (per la chimica nel 1954 e per la pace nel 1962) che proponeva alte dosi di acido ascorbico (vitamina C), secondo lui in grado di prevenire o trattare molti tipi di tumore.
Per questo sono tantissimi anni che si parla dei benefici della Vitamina C nei confronti del tumore, che sono scientificamente innegabili, ma a tutt’ oggi il 95% dei medici normalmente non la utilizza nei normali protocolli.
Tuttavia uno studio pubblicato su Cancer Cell può forse cambiare le carte in tavola in questo senso.
Infatti gli scienziati dell’ Università dell’ Iowa, affermano che somministrare alte dosi di vitamina C durante il trattamento può indebolire le cellule tumorali e renderle più vulnerabili agli effetti della chemioterapia e delle radiazioni.
Nello studio, che è stato progettato per determinare se la vitamina C in alte dosi fosse sicura, 11 persone con un tumore al cervello aggressivo chiamato glioblastoma sono state trattate con vitamina C per via endovenosa tre volte a settimana per quasi due mesi.
La dose è stata aumentata gradualmente mentre le persone sono state sottoposte a radioterapia, per garantire che una quantità sufficiente di vitamina C rimanesse nel sangue.
Le persone nello studio non hanno riportato effetti collaterali aggiuntivi o sintomi avversi associati alla vitamina, ma solo quelli associati alla chemioterapia e ai trattamenti con radiazioni normali.
Lo studio non era strutturato per valutare l’efficacia della vitamina C, ma i ricercatori hanno osservato che finora, metà delle persone nello studio erano vive quasi due anni dopo.
La sopravvivenza media per la malattia è generalmente intorno all’anno.
In uno studio separato progettato per ottenere un primo senso dell’efficacia della vitamina, i ricercatori hanno anche testato la vitamina C ad alto dosaggio in un gruppo di 14 persone con carcinoma polmonare non a piccole cellule.
Finora, il 93% delle persone che ricevono le infusioni di vitamina C stanno rispondendo alla chemioterapia e alle radiazioni, rispetto al 40% come normalmente avviene.
Non solo, oltre il 30% dei soggetti che hanno assunto la vitamina C mostrava anche segni di diminuizione della massa dei loro tumori e anche qui, di solito, solo il 15% al 19% delle persone che ricevono chemio e radiazioni vedono i loro tumori diventare più piccoli.
La vitamina C agisce sulle cellule sane come antiossidante, combattendo i radicali liberi formati da cose come luce solare, sostanze inquinanti e fumo.
Gli autori dello studio Douglas Spitz e il Dr. Bryan Allen, entrambi nel dipartimento di radiologia oncologica dell’Università dell’Iowa, ritengono che possa anche promuovere il danno ossidativo, ma solo nelle cellule tumorali.
I tumori sembrano avere livelli più elevati di stress ossidativo, che può produrre radicali liberi e questo promuove il rilascio di forme instabili di ferro, che reagisce con la vitamina C e provoca ulteriori danni alla cellula tumorale.
La parte interessante è che le particelle di ferro instabili sono uniche per le cellule tumorali e ciò le rende bersagli ideali per la vitamina C, che quindi può reagire con loro per causare più danni e distruggere la cellula.
La speranza è che l’associazione di grandi dosi di vitamina C con chemioterapia e radiazioni possa distruggere le cellule tumorali.
La vitamina C stressa le cellule tumorali già stressate, quindi l’ idea è quella di aumentare la dose di vitamina C all’ interno del tumore in modo da rendere più efficaci la radioterapia e la chemio.
Quindi sembrerebbe che un succo di arancia o una spremuta di limone sia importanti per la lotta contro il cancro, ma non è cosi, perchè le dosi utilizzate in questi studi non sono realizzabili con integratori.
In questo studio infatti sono state utilizzate dosi altissime, cioè dell’ ordine di grandezza maggiore della dose in un multivitaminico, circa da 800 a 1.000 volte.
Insomma si parla anche di decine di grammi al giorno.
Adesso l’ obbiettivo dei ricercatori è quello di continuare il lavoro del premio Nobel Linus Pauling per l’ uso della vitamina C nel trattamento del cancro e stanno progettando di continuare il loro lavoro per vedere se lo stesso lato debole è comune ad altri tipi di tumori: insomma trovare dei nuovi modi per rendere più efficaci le terapie antitumorali esistenti con l’ acido ascorbico è davvero una promettente area di ricerca.
Recenti studi, ad esempio, hanno scoperto che l’ assunzione di farmaci di notte potrebbe renderli più potenti contro il cancro al seno, dal momento che alcuni agenti attivi durante la veglia possono inibire il lavoro di alcuni farmaci.
Sono necessarie molte più ricerche e Spitz, per esempio, spera che tali strategie diventino argomenti di ricerca più popolari, in modo che più persone possano beneficiare dei trattamenti che stanno ottenendo. “Penso che questo tipo di lavoro possa rinascere”, dice.
Per quanto riguarda le dosi di vitamina C da assumere normalmente, non in caso di tumore, diversi studi hanno dimostrato che nel paleolitico ne assumevamo mediamente 3-4 grammi al giorno tramite i cibi, cosa che è attualmente è quasi impossibile da attuare per via delle diverse abitudini alimentari, la scarsa reperibilità e l’ abbassamento del 50% del contenuto di vitamina C nella verdura/frutta negli ultimi cento anni.
Quindi è buona abitudine assumere almeno 1-3 grammi al giorno tutto l’ anno e prendere alte dosi in caso di raffreddore, influenza,ecc.
Per quanto riguarda la scelta del prodotto giusto dovete considerare che la vitamina C è leggermente acida (infatti è chiamata anche acido ascorbico) e quindi è meglio assumerla nelle forme come calcio ascorbato, in modo da avere un effetto tampone per l’ acido, avendo cosi meno problemi gastrici e digestivi.
Infine state tranquilli, la vitamina C non da assolutamente nessun effetto collaterale nocivo: no, nemmeno la formazione di calcoli renali che tutti vi diranno….
Nota anche col nome di retinolo, la vitamina A è una sostanza indispensabile per contrastare i disturbi visivi, favorire la crescita delle ossa, proteggere la pelle e mantenerla sana. Nota anche come la vitamina antinfettiva.
E’ una vitamina liposolubile presente sia negli alimenti di origine animale che nei vegetali in diverse forme attive, tra cui la retinaldeide, essenziale per la vista, e l’acido retinoico, indispensabile per la crescita sin dalla fase embrionale. Il retinolo e i retinoidi, ovvero i suoi derivati, provengono da cibi di origine animale, mentre i carotenoidi – noti anche come provitamina A – da quelli vegetali. I carotenoidi I sono importanti prevalentemente per la loro azione antiossidante. Un carotenoide particolarmente utile anche per le diete dimagranti è il licopene, la sua azione antiossidante protegge le cellule dall’invecchiamento e dal danno degenerativo prodotto dai radicali liberi perché impedisce l’ossidazione del colesterolo LDL, responsabile sia della formazione di placche aterosclerotiche che dei depositi di grasso bianco sull’addome.
La vitamina A dunque contribuisce al mantenimento di una pelle normale, e di membrane mucose normali, al mantenimento delle capacità visive (soprattutto nelle ore serali), al normale metabolismo del ferro, alla normale funzione del sistema immunitario. La vitamina A interviene nel processo di specializzazione delle cellule ed è antinfettiva.
Gli alimenti ricchi di vitamina A e acido retinoico
Fare scorta di vitamina A in genere non è difficile, perché è presente in moltissimi alimenti se pur in dosi minime: nell’olio di fegato di merluzzo, nel fegato, nel tuorlo d’uovo, nel burro e in molti ortaggi come carote crude, spinaci, cavoli broccoli, verze, aglio, olio di germe di grano, prezzemolo, tarassaco, crescione, zucca, spinaci freschi, cicoria, lattuga, e in generale in tutti i vegetali di colore giallo-arancione. Tra la frutta, sono una fonte di vitamina A melone, albicocca, pesca, arancia e anguria. Tuttavia non è raro che in caso di patologie gastro-intestinali o infezioni si possa andare incontro a una carenza di questa importante vitamina.
La supplementazione precoce di vitamina A è stata associata a una ridotta mortalità nei pazienti con EBOLA e dovrebbe essere ulteriormente studiata e considerata per l’uso in future epidemie!
L’Ebola ad esempio è stato un virus terrificante che è capace di uccidere fino a 9 persone su 10, che muoiono tra atroci dolori dovuti alla rottura dei capillari che causano gravissime emorragie interne.
Per quanto concerne invece i presunti pericoli di tossicità puntualmente smentiti riporto solo alcuni dei molti studi che sono stati fatti:
La presunta pericolosità in gravidanza evocata da qualcuno è stata smentita nel 2019 da questo studio: Am J Obstet Gynecol. 1997 Jul;177(1):31-6. Vitamin A and birth defects.- Mills JL1, Simpson JL, Cunningham GC, Conley MR, Rhoads GG.
In questa ricerca pubblicata sul “Journal of Nutrition” (https://academic.oup.com/jn/article/146/9/1816S/4584876) [3] (è una rivista scientifica pubblicata dalla American Society for Nutrition) hanno scoperto che: La presunta pericolosità in gravidanza evocata da qualcuno è stata smentita nel 2019 da questo studio: Am J Obstet Gynecol. 1997 Jul;177(1):31-6. Vitamin A and birth defects.- Mills JL1, Simpson JL, Cunningham GC, Conley MR, Rhoads GG. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/9240579/